L’intervento per l’ernia cervicale è uno degli interventi che ha avuto più evoluzione negli ultimi 15 anni. La riduzione del diametro del canale vertebrale e la compressione diretta sulla corda midollare, danno il via ad una serie di fenomeni degenerativi midollari sia di natura ischemica che, probabilmente, infiammatoria. Il risultato clinico è la comparsa di un progressivo disturbo di forza agli arti inferiori che può anche arrivare all’impossibilità di compiere una normale deambulazione, ed agli arti superiori ove si arriva ad osservare, nei casi più gravi, la ipotrofia dei muscoli interossei. Questa sintomatologia è spesso accompagnata da disturbi di tipo parestesico agli arti superiori, indicando così il coinvolgimento radicolare. Si parla allora di mieloradicolopatia. Il trattamento di tale condizione patologica che spesso è dovuta ad un ernia cervicale è esclusivamente chirurgico. Sono state proposte diverse modalità di trattamento chirurgico, ma attualmente le opzioni chirurgiche efficaci sono fondamentalmente due. La prima, la più utilizzata e nella maggior parte dei casi la più efficace, è la somatotomia longitudinale mediana (SLM), tecnica che prevede un approccio anteriore alla colonna cervicale e che può essere praticata anche per interessamento midollare di più livelli (sino a 4).

Approccio anteriore: incisione di pochi cm sul collo.
L’incisione cutanea può essere trasversale o longitudinale e vinee eseguita in sede paramediana nel collo del pazinete (3-4 c m). La dissezione dei piani profondi avviene attraverso un piano avascolare naturale passante fra il fascio vascolo-nervoso (arteria carotide comune, vena giugulare interna e nervo vago) lateralmente e complesso trachea-esofago con muscoli sottoioidei medialmente.
La rimozione della compressione midollare viene praticata attraverso la cosiddetta somatotomia longitudinale mediana, caratterizzata dalla rimozione dei dischi intervertebrali interessati dalla patologia e da una porzione limitata dei corpi intervertebrali interposti. Raggiunto, posteriormente ai corpi vertebrali, il piano costituito dal legamento longitudinale posteriore, vengono rimossi gli osteofiti comprimenti il sacco durale e quindi il midollo. Nello spazio così ottenuto viene posizionato un tassello osseo prelevato dalla cresta iliaca dello stesso paziente

Approccio cervicale anteriore.
La maggior parte dei pazienti (ca. 80%) mostra una condizione di fusione completa già a tre mesi dall’intervento (fig 5). In una percentuale di casi ridotta (<10%) invece la fusione non avviene neanche a 12 mesi cosicché si parla di pseudoartrosi; la condizione radiologica di pseudoartrosi non corrisponde quasi mai ad una evidenza clinica tale da richiedere un trattamento. Infine le complicanze legate a questa procedura sono talmente limitate da farne una tecnica sicura ed efficace.
La seconda è la emilaminectomia, tecnica che prevede invece l’approccio posteriore. I due tipi di trattamento non sono equivalenti in quanto concettualmente nettamente distinti. Infatti la somatotomia ha come obiettivo la rimozione della causa determinante la compressione ventrale al midollo. Questa è, nella stragrande maggioranza dei casi, la causa principale del disturbo.

Approccio cervicale posteriore.
L’emilaminectomia ha invece l’obiettivo primario di ampliare le dimensioni del canale vertebrale, e di eseguire una congrua liberazine delle radici attraverso una buona foraminotomia. Si procede poi per via subspinosa ad decomprimere la zona controlaterale senza destabilizzare la colonna cervicale.
Un altra procedura molto efficace per curare la stenosi cervicale è la laminoplastica secondo Hirabayashi. Si tratta di ampliare il canale vertebrale senza distruggere totalmente il tetto della colonna vertebrale. Si tratta di un intervento che si esegue in anestesia generale, della durata di circa 120 minuti.
A seconda della necessità, a volte viene prescritto l’uso di un collare morbido per i primi giorni o settimane. Di norma, il paziente può essere mobilizzato già il primo giorno. La degenza in ospedale dura circa 3-4 giorni. Per alcune settimane dopo l’operazione, il paziente deve evitare movimenti bruschi della testa.

Collare con mentoniera da portare dopo l’intervento per precauzione.